sabato 25 ottobre 2008

VIAGGIO IN ERITREA

Due settimane in Eritrea, due settimane che ci resteranno impresse per tanto tempo. Alla partenza non avevamo idea di molte cose che avremmo potuto trovare una volta arrivati, nonostante i tanti racconti sentiti prima di partire. Solo dopo essere arrivati, aver passato qualche giorno ad Asmara, passeggiando per le strade ed incontrando le persone, ci siamo resi conto della peculiarità dell’Eritrea.
Asmara, capitale ed ex città coloniale, conserva molto del periodo italiano. Con i suo 400 000 abitanti circa è la città più popolata di un Paese che conta circa 4 700 000 persone. I più anziani ancora parlano discretamente la nostra lingua e le strade portano il nome di vie italiane, così come bar e negozietti. Esempi di un periodo passato, fatto di luci ed ombre che molti descrivono come di ricchezza economica e benessere; ma questa opinione è forse solo data dal paragone con l'attuale realtà certo non rosea.
Oggi, infatti, la situazione è completamente diversa e, avendo avuto la fortuna di non essere andati come turisti, ma di aver potuto vivere e condividere le giornate con gli abitanti locali, ce ne siamo resi conto immediatamente.
Il problema più grave attualmente è la mancanza di cibo. Sono di questi ultimi giorni notizie di tante persone che si rivolgono agli istituti religiosi in cerca di un aiuto concreto.
La carestia, in Eritrea, non è cosa nuova. Da sempre essa colpisce il Paese ciclicamente, a volte in maniera più acuta a volte meno. Erano due anni che con l'aiuto della pioggia il raccolto non scarseggiava; questa estate però le cose sono andate diversamente: la poca pioggia ed i terreni agricoli prima confiscati e successivamente mal coltivati dal governo hanno dato un raccolto scarso che sarà sufficiente solo per alcuni mesi. E in città la situazione è peggiore che in campagna, dove, almeno, c’è la possibilità di riuscire a coltivare anche solo un piccolo fazzoletto di terra per la propria sussistenza.
Anche la condizione dell'infanzia e adolescenza risente degli effetti di una politica restrittiva da parte del governo. Durante la nostra permanenza abbiamo visitato alcuni istituti religiosi della capitale, siamo entrati negli asili e negli orfanotrofi che essi gestiscono.
Molte strutture che svolgevano un ruolo educativo e sociale sono state espropriate a partire dal 1995, nella convinzione che sia lo Stato a dover pensare ai cittadini. Si chiudono asili ed orfanotrofi gestiti da religiosi che ospitano centinaia di bambini spesso soli ed economicamente poveri; si mandano questi bambini presso qualche parente lontano o famiglie estranee che si prendono l'impegno di accudirli in cambio di un rimborso spese da parte dello Stato. Di fatto, l'insufficienza di sostanze economiche e rapporti che certo non sono di tipo parentale producono cattivi risultati: una bocca in più da sfamare significa molto per chi non ha quasi nulla.
Emblematica è la situazione di S., un bimbo aiutato. Capelli molto corti per prevenire i pidocchi e due occhioni un po' impauriti per la visita inaspettata di due sconosciuti, S. vive in una casa composta da una sola stanza, di cui il letto a castello ne occupa i due terzi; oltre a lui, qui abitano anche la nonna e una zia.
Altra realtà è la chiamata per il servizio militare che coinvolge tutti i giovani eritrei (maschi e femmine) senza eccezioni.
Un servizio militare a tempo indeterminato, che si conclude solamente all'età di 55 anni per gli uomini e 47 per le donne.
Questa situazione finisce per allontanare gran parte dei giovani dallo studio e dalla possibilità di scegliersi un lavoro, fornendo manodopera gratuita allo Stato: i ragazzi sono utilizzati per sistemare le strade, costruire qualche infrastruttura; molti altri, invece, non fanno assolutamente nulla se non passeggiare per le strade o star seduti a numerosissimi posti di blocco tra una città e l’altra.
Parlando con le persone ci si rende conto di quanto sia deluso questo popolo.
Ma la speranza di un miglioramento c'è. Ciò che possiamo testimoniare convinti, infatti, è la cordialità del popolo eritreo, la sua ospitalità e tenacia contro queste avversità. Per questo, al momento di ritornare in Italia, la tristezza per la partenza era più che mitigata dalla voglia di fare, di collaborare, perché il presente possa essere più vivibile.
L’associazione Farsi Terra, in diretto contatto con le persone incontrate in Eritrea, è impegnata ora nell’ambito delle adozioni a distanza, nella preparazione di iniziative per far fronte alla carenza alimentare.
Possiamo dire che grazie a questo viaggio, grazie alla possibilità di un reciproco scambio con le persone incontrate, abbiamo potuto conoscere e riflettere su una realtà geograficamente lontana ma per altri versi molto vicina alla nostra, che in tutti i suoi aspetti sempre rimarrà nella memoria.


I volontari

Giulia Albano
Alessandro Ponticelli

Nessun commento: